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L’Orto de’ Pecci

Ce n’erano praticamente in tutte le città e, dovunque, rappresentavano il sogno mancato (o represso) di una città di espandersi. Erano le zone verdi, dentro le mura, figlie della progettazione ottimista che, fra la fine del ‘200 e il primo ‘300, aveva fatto sperare che la città avrebbe continuato ad allargarsi così come aveva fatto, da un paio di secoli almeno, fino ad allora. 

Era stata questa la matrice che a Siena, ad esempio, aveva dato vita alla Valle di Porta Giustizia, destinata ad accogliere un’immigrazione urbana che pareva non dover mai finire. Chi voleva diventare cittadino, doveva avere un mestiere, garantire una certa solvibilità fiscale e costruirsi una casa. Dove? Dove c’era lo spazio progettato per questo.

Non fu così. L’immigrazione rallentò, già alla fine del ‘200, e anche dove queste parti di città erano nate non ci fu chi vi avesse necessità di andarvi ad abitare. L’area di Porta Giustizia provò comunque a nascere: oltre cento case, negli anni Venti del ‘300, una chiesa, un mulino, una fonte, due strade… Poi arrivò il 1348 e con lui la peste che portò via un terzo dei Senesi. E in quelle case non rimase nessuno; gli immigrati (meno di prima, ma tuttavia ancora presenti) furono dirottati a riempire le case vuote nel centro della città. Alla fine del Trecento, lungo la strada che portava alla porta da cui si usciva per andare alle forche, non ci viveva più nessuno. Distruggete tutto, ordinò, il Comune, e trasformatela in orti. Questi orti: l’Orto de’ Pecci (che ha questo nome almeno dal ‘500), poi arrivato in dotazione alla Società di Esecutori di Pie Disposizioni e usato per fare l’ergoterapia agli ammalati del Manicomio.

Attraverso i secoli è rimasta così, la Valle di Porta Giustizia, e così vogliamo che rimanga. Un’oasi di campagna a 300 metri dalla Torre del Mangia, monumento a se stessa. Ad una delle più durature, illustri vittime del flagello della Peste Nera e del sogno infranto di una Siena più vasta. 

Un’oasi dove è possibile passeggiare immersi in un paesaggio antico sopravvissuto nei secoli e raffigurato nei dipinti e negli affreschi e dove è possibile riscoprire piante, aromi, profumi (nell’orto medievale e nella vigna storica) e gustare sapori (nella cucina dell’Orto de’ Pecci) che, dal Medioevo, sono arrivati fino